Recensione a L’uomo, la bestia e la virtù – Compagnia Vocitinte
Che Pirandello fosse un genio lo si sapeva. Ma che potesse risultare oggi non un semplice classico ingessato non lo si dà così per scontato. Con L’uomo, la bestia e la virtù, messo in scena da Compagnia Vocitinte – un gruppo di enorme freschezza oltre che bravura composto da attori provenienti dalla Scuola del Piccolo Teatro di Milano e dalla Scuola Paolo Grassi e diretto da Antonio Mingarelli – uno dei più grandi autori del nostro Novecento diventa divertente, leggero e intelligente. Non si tratta di superficialità, ovviamente, ma di un approccio alla commedia che si contraddistingue grazie al suo piglio giovanile, alla capacità di voler mostrare le pulsioni umane schiacciate da un meccanismo più grande dello stesso uomo, senza andare a chiamare tutte le sovrastrutture care a Pirandello.
Che Pirandello fosse un genio lo si sapeva. Ma che potesse risultare oggi non un semplice classico ingessato non lo si dà così per scontato. Con L’uomo, la bestia e la virtù, messo in scena da Compagnia Vocitinte – un gruppo di enorme freschezza oltre che bravura composto da attori provenienti dalla Scuola del Piccolo Teatro di Milano e dalla Scuola Paolo Grassi e diretto da Antonio Mingarelli – uno dei più grandi autori del nostro Novecento diventa divertente, leggero e intelligente. Non si tratta di superficialità, ovviamente, ma di un approccio alla commedia che si contraddistingue grazie al suo piglio giovanile, alla capacità di voler mostrare le pulsioni umane schiacciate da un meccanismo più grande dello stesso uomo, senza andare a chiamare tutte le sovrastrutture care a Pirandello.
Le
tre maschere protagoniste della commedia non sembrano nascondere la
loro vera natura, sono piuttosto esseri imperfetti, dediti sì a una
morale da rispettare, ma soprattutto a una vita da salvare: l’Uomo, il
professor Paolino, perde le staffe di fronte alla gravidanza inaspettata
della signora Perella, la donna virtuosa con cui ha una tresca
all’insaputa del marito, un capitano di marina sempre lontano da casa e
dai modi burberi, bestiali e aggressivi. Unico modo per salvare la sorte
del piccolo inatteso, ma anche quella dei protagonisti stessi, è di far
passare il bambino come figlio della Bestia. Lino Musella,
nei panni di Paolino, dà un’eccezionale prova attoriale, passando dal
rigido professore che insegna ai propri allievi come si possa essere
«ipocriti nella vita per tornaconto ma anche per civiltà» a uno
stralunato uomo che si copre di ridicolo pur di riuscire a nascondere
che in fondo è lui il vero padre di quel bambino. Statuario e molto più
ingessato è invece il personaggio della bella Virtù – la signora Perella
– una Alice Torriani ridotta quasi a soprammobile,
donna pirandelliana priva di iniziativa che solo a scopo raggiunto
riesce a liberarsi del pesante macigno della paura. La Bestia, più volte
invocata nel testo ma in scena solo alla fine della pièce, è
interpretata da un bravissimo Paolo Mazzarelli, il capitano del terrore con cui prende vita, insieme agli altri due attori, il momento più atteso dello spettacolo: i tre si incontrano ma di tutto l’intreccio chi ne esca come vero vincitore non si sa.
Il giovanissimo Mingarelli realizza una regia senza
fronzoli, piacevole e ritmata dove gli attori (e vale la pena citare
anche tutti gli altri: Camilla Semino Favro, Gabriele Falsetta, Fabrizio Martorelli e Marcella Favilla)
contribuiscono con la loro energia a rendere lo spettacolo uno squisito
prodotto pronto alla circuitazione. La Compagnia Vocitinte fa infatti
parte della piattaforma “Matilde”, un progetto di Regione Marche e Amat
che sostiene i giovani artisti: ancora in tournée in questo centro
Italia tutelato, chissà che il gruppo non riesca anche a continuare a
mostrare le sue qualità su altri palcoscenici del Belpaese che invocano
sempre Pirandello, ma spesso si ritrovano con un impolverato risultato
lontano da questa versione de L’uomo, la bestia e la virtù.
Visto al Teatro Lauro Rossi, Macerata
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